O GURU, GURU, GURU

Il movimento spirituale noto come SYDA vanta una clientela sfavillante, e un ritiro multimilionario nelle Catskills Mountains. Ma dietro alla serenità ci sono segreti scomodi e una contesa non propriamente beata per la successione.

 

 

LIS HARRIS , New Yorker del 14 novembre 1994.

In un giorno umido dell’autunno scorso, tremila persone circa, provenienti da tutto il mondo si riunirono in un ampio padiglione di vetro e marmo di un complesso nelle Catskills Mountains, per cantare, meditare e danzare in estasi in cerchio sotto l’occhio benevolo del loro riverito maestro e guida spirituale, Gurumayi Chidvilasananda. I monotoni canti in sanskrito, i sari delle devote (che erano soprattutto occidentali), e il profumo forte e dolce dell’incenso, dava alla scena un tocco degli anni sessanta e primi settanta. Gurumayi, com’è spesso chiamata, è una bella, energica trentanovenne Indiana, che è stata nominata dal mensile di Honolulu, Hinduism Today, uno dei dieci leader Induisti più influenti al mondo dell’ultimo decennio. È il capo spirituale della fondazione Siddha Yoga Dham (casa) of America (SYDA), il braccio americano dominante, di una prospera organizzazione che conta cinquecentocinquanta centri di meditazione e dieci ashram sparsi per tutto il mondo. In un modo o nell’altro, decine di migliaia di persone, da quelli che vivono nei ritiri ai visitatori e meditatori occasionali, sono coinvolti nelle attività del SYDA. Con i suoi 550 acri (quasi 3 km quadrati) l’ashram nelle Catskills Mountains, vicino South Fallsburg nello stato di New York, ne è il quartiere generale. A South Fallsburg, le fotografie della guru, con un sorriso da mille watt, occhi grandi, e zigomi elegantemente cesellati, adornano pressoché ogni muro, registratore di cassa, banco di negozio, e ripiano, così come ogni altare privato di meditazione dei suoi devoti e molti dei cruscotti delle auto. Ci sono anche molte fotografie del fondatore del SYDA, nonché predecessore di Gurumayi, Swami (appellativo che denota una carica religiosa) Muktananda Paramahamsa. Muktananda, che morì nell’ottobre 1982, all’età di settantaquattro anni, fu uno dei maestri spirituali indiani prominenti che fiorirono negli Stati Uniti due decenni fa. I devoti si riferiscono ancora a lui col titolo onorifico di Baba che significa Padre.

Quella di South Fallsburg, cominciò nel 1976 come una modesta operazione nata da camere affittate di un vecchio albergo; attualmente il suo intero complesso ha un valore di mercato stimato da quindici a diciassette milioni di dollari. Muktananda disapprovava prestiti e debiti, e si sostiene che il SYDA pagò soprattutto in contanti per tre alberghi risalenti a prima della guerra nelle Catskills Mountains, il Brickman, il Gilbert’s e il Windsor. Sono stati poi accuratamente rimodernizzati con uno stile ostentato da country club e nominati Angraha (Discesa della Grazia), Sadhana Kutir (Casa delle Pratiche Spirituali) e Atma Nidhi (Tesoro del Sé). Attorno all’edificio principale dell’ashram, il paesaggio è ordinato e costellato di statue in stile Disney rassomiglianti a divinità indiane che rispecchiano il pantheon Hindu.

Nessuno sa quanto sia ricco il SYDA: è un’organizzazione religiosa no-profit, non le è richiesto di dichiarare i suoi guadagni né di pagare tasse di proprietà. Gran parte dei devoti che lavorano nell’ashram non sono pagati e molti pagano un affitto per viverci. In un fine settimana estivo, diverse migliaia di persone possono visitare l’ashram di South Fallsburg, e il SYDA può guadagnare più di un milione di dollari dalla vendita di cibo, libri, cassette e souvenir e dagli “intensivi” un programma di iniziazione spirituale, che dura generalmente due giorni e costa 400 dollari (attualmente 500$). Gli intensivi seguono un formato simile a quello di molti programmi di self help (di auto-sviluppo delle proprie potenzialità) degli anni settanta e primi ottanta, in particolar modo al programma EST adottato da un movimento di self help, costituito a scopo di lucro, fondato da Werner Erhard, amico di Muktananda. In alcuni anni, gli intensivi sono tenuti per tutta l’estate. Nel 1989 il ricavato dalla sola libreria di South Fallsburg fu ben superiore ai quattro milioni di dollari.

Negli anni, il SYDA ha attratto un certo numero di ammiratori famosi, tra i quali Jerry Brown, John Denver, Andre Gregory, Diana Ross, Isabella Rossellini, Phylicia Rashad, don Johnson, Melanie Griffith e Marsha Mason. La maggior parte dei seguaci di Gurumayi sono istruiti, e probabilmente sono stati attratti dalla meditazione per ragioni spirituali, ma potrebbero anche aver scelto uno dei suoi ashram per i supposti benefici psicologici e di salute che la meditazione si dice conferisca. Lo stereotipo del visitatore dell’ashram, stordito figlio dei fiori è ormai obsoleto. Dopo molto tempo che i Beatles hanno smesso i loro kurtas, e che l’ultimo filo di perle d’amore è stato buttato nella spazzatura, molti seri studenti di meditazione orientale in questo Paese continuano a trovare nella pratica ricchezze che non trovano nelle principali religioni occidentali. Dottori, giuristi, artisti, uomini d’affari, leaders religiosi di molte denominazioni, sono tra i circa 5 milioni di Americani che praticano yoga, e molti di essi, possono essere ritrovati tra quella che è talvolta chiamata la scena religiosa New Age; un nome davvero curioso, visto che le tradizioni da cui traggono ispirazione questi gruppi sono tra le più antiche del mondo.

L’occasione per il raduno di quella mattina autunnale era l’ultimo giorno di yajna (pronunciato yagnya), una antica cerimonia vedica del fuoco, che era presieduta da sedici preti Bramini arrivati dall’India a South Fallsburg per aiutare a commemorare l’undicesimo anniversario della morte di Swami Muktananda. La yajna era tenuta nel padiglione, i cui pilastri illuminati da neon blu, lo fanno assomigliare, specialmente di notte, una via di mezzo tra una astronave madre e un piccolo stadio. Kathy Nash, il portavoce SYDA, una donna esile con capelli castano chiari, che lavorava come presentatrice per una TV di Monterey in California, mi indirizzò ad un cuscino dalla parte del padiglione riservata alle donne. Gli uomini e le donne tradizionalmente siedono in parti separate negli ashram. I sedici preti vestiti d’arancione, che per tutta la settimana hanno cantato e gettato offerte di spezie e fiori in un fuoco che ardeva incassato nel pavimento del padiglione, furono inghirlandati e avvolti in lunghi scialli come gesto di ringraziamento. A circa una quindicina di metri dal fuoco, sedeva una figura vestita di un abito rosso con un cappello alto, disadorno e all’apparenza trasandato, dello stesso colore, che scambiai in un primo momento per un bel ragazzo, forse un accolito. Ma quando il viso della figura apparve, molto ingrandita, su due schermi che pendevano dal soffitto, mi accorsi che in realtà stavo guardando la strepitosa e affascinante Gurumayi.

Gurumayi rimase una presenza distante, ma quella sera fui presentato a lei durante il darshan, un rituale nel quale i devoti, e i visitatori ricevono la benedizione dal guru nella forma di un colpetto sulla testa con una bacchetta di penne di pavone. Seduta su un trono, irradiava il suo potente sorriso verso di me, mi toccò con le penne, e mi diede un’occhiata franca, seguita da una nuova esplosione di sorriso. Un aurea di elettricità sembrò contornarla. Mi chiese se avessi assistito alla yajna. Risposi che riuscii ad assistere solo ad una piccola parte, alla fine, perché avevo perso i miei occhiali da lettura, e questo ha ritardato il mio arrivo. ” Lei pensa così tanto” disse, sorridendo ancora.

Annuì, sebbene non avessi idea cosa intendesse. Allora sentendo impazienza dietro a me, iniziai a defilarmi dal trono. Fui trattenuta da un movimento regale della mano del guru che segnalava qualcosa ad un giovane attendente sul pavimento dietro a lei. L’attendente velocemente si levò e depose una ghirlanda di gardenie attorno al mio collo.

Diversi mesi dopo, all’aeroporto internazionale John Kennedy di New York, si svolse una scena decisamente meno bucolica. La sera del 1 febbraio 1994, un’auto si fermò alla sezione Lufthansa del terminal internazionale, e ne saltò fuori un indiano alto, robusto e barbuto, sulla trentina. Era vestito con un abito arancione tradizionale degli Swami, ed era accompagnato da due donne all’apparenza entrambe occidentali. Appena i tre si diressero verso il terminal, cinque uomini, che aspettavano sul marciapiede, li affrontarono minacciosamente e iniziarono a gridare: “Tu stai infangando il nome di Baba!”.

Il soggetto di questa “attenzione”, l’uomo con la veste arancione, era il fratello minore di Gurumayi. Nato a Bombay, al secolo Subhash Shetty, gli è stato dato in seguito, come del resto alla sorella, un nuovo nome: Nityananda. Come Gurumayi, Nityananda è un maestro di meditazione anch’esso con un ashram nelle Catskills Mountains, sebbene più piccolo. E, come lei, afferma di essere un ereditiere del manto spirituale di Swami Muktananda. In realtà, Muktananda lo nominò suo unico successore nel luglio del 1981, e circa un anno dopo, pochi mesi prima che morisse, cambiò il decreto per nominare lui e la sorella, suoi co-successori ufficiali. Ma Nityananda abdicò misteriosamente nel 1985, e oggi la sua immagine è del tutto assente negli ashram SYDA. Le donne che lo accompagnavano, Inge Fichelmann e Kimberly Cable, che usano il nome sanscrito Nirguna e Devayani rispettivamente, erano le suo prime assistenti.

I cinque uomini che gridavano erano tutti conosciuti da Nityananda, nonché attivi seguaci di Gurumayi. Tra di essi c’era uno dei tre membri dell’ Executive Management Council (consiglio di direzione) del SYDA, che ha la supervisione delle attività giornaliere dell’ashram di South Fallsburg. Secondo Nirguna, uno degli uomini, un devoto di lungo corso chiamato Ganesh Irelan, mise la sua faccia contro quella di Nityananda e gli urlò: “ti seguirò fino al giorno che morirai!”. Devayani corse dentro allo sportello dei biglietti, per chiamare aiuto, ma quando arrivò la polizia, gli uomini erano già stati scacciati dall’area biglietti della Lufthansa da una guardia di sicurezza dell’aeroporto. La guardia, Joseph Mee, più tardi mi raccontò di non aver mai visto una scena come quella che seguì. Nityananda e Devayani, stavano per partire per la Germania, prima tratta di un viaggio verso l’India. La Lufthansa li imbarcò in prima classe, anche se non avrebbero dovuto viaggiare in prima. Quando il viaggio fu annunciato, Mee e altre guardie formarono un muro umano attorno a loro e li accompagnarono verso il cancello di partenza. Ma i cinque uomini passarono attraverso una porta non sorvegliata nell’area di partenza. “Sembravano tutti uguali. Sembravano cloni, per dirla brutalmente” Mee disse, “Stavano dicendo che lui era una figura di culto… e nello stesso tempo si stavano comportando come dei pazzi”. Nityananda e Devayani riuscirono ad salire sull’aereo ma non senza essere seguiti fino al cancello di imbarco dai cinque uomini, che, Mee aggiunse, dovette “spingere via” per liberare il passo.

Questo incidente, con il suo mix di comicità grossolana e minaccia, è solo il più recente di una lunga serie di eventi curiosi e talvolta fastidiosi, ed è un segno che dietro l’apparenza della beatitudine delle Catskills, si nasconde una storia più complessa, che trae le sue origini da un amaro scisma famigliare, e prima ancora, dal fondatore del SYDA.

Swami Muktananda Paramahamsa, il predecessore di Gurumayi e di Nityananda, iniziò la sua ricerca spirituale all’età di quindici anni, ma non trovò il suo guru prima del 1947 quando aveva trentanove anni. Secondo la costituzione ecclesiastica del SYDA, “il lignaggio Guru-discepolo del Siddha Yoga… va indietro… nel tempo, migliaia di anni, ed ha inizio con il guru primordiale, Shiva.” Storicamente, comunque, il lignaggio di Muktananda non va indietro oltre al suo guru, Bhagawan Nityananda, un meditatore astinente, estatico e quasi completamente silenzioso, che si dice, sia nato Siddha (termine sanscrito che significa “perfetto”), e che non rivendicò l’insegnamento di nessun altro guru in carne ed ossa. Altri studenti di Bhagawan Nityananda rivendicarono di essere suoi discepoli, ma attrassero molti meno seguaci. Ci sono stati Siddha in India da tempi immemorabili, e numerosi altri lignaggi Siddha esistono in India oggi, ma nessuno ha un seguito globale che può rivaleggiare con quello del SYDA. Nel Siddha Yoga, uno scopo centrale è il risveglio dell’energia cosmica, o Shakti, che si dice sia avvolta alla base della spina dorsale, in una forma chiamata Kundalini, e che, quando viene attivata, si manifesta come beatitudine. Ed è attraverso un guru, che il Shakti è risvegliato, tramite le parole, il tocco, lo sguardo o il pensiero. Questo è il ruolo che Bhagawan Nityananda ricopriva per Muktananda, ed è il ruolo che Muktananda avrebbe avuto per migliaia di persone nel mondo.

Dopo essere arrivato negli Stati Uniti nel 1970, Muktananda viaggiò di frequente nel mondo, pubblicò più di trenta libri, tenne letture, e fondò numerosi ashram e centri di meditazione. La storia ufficiale del SYDA, dice che egli riteneva la sua missione, creare una “rivoluzione di meditazione” all’ovest. Le centinaia di devoti entusiasti, che riempirono i Jumbo affittati dal SYDA per raggiungerlo in India, in due dei suoi “world tours” (egli ne fece tre negli anni settanta) ne fecero intravedere una reale possibilità. La maggior parte dei devoti di Muktananda lo riverirono come un santo, e molti suoi discepoli che rifuggono da questo tipo di vocabolo, comunque lo consideravano l’uomo più impressionante che avevano mai visto. Persino i più ostinati razionalisti che lo incontrarono, pensavano a lui come ad un uomo dal grande carisma e fascino.

Due temi apparentemente contraddittori attraversano gli scritti di Muktananda. Da un lato avverte i “cercatori” di non essere troppo creduloni e di non cedere troppo facilmente alle richieste del proprio guru. “Amare un Guru non vuol dire stargli dietro ripetendo: o Guru, Guru, Guru” egli scrive. Dall’altra parte, sostiene, che l’unico modo per fuggire i legami dell’ego, è arrendersi ad un guru, non adorando la sua forma fisica, ma seguendo il suo cammino e i suoi insegnamenti. “Il Guru è assolutamente necessario, per la vita di una persona, così come la forza vitale”, egli scrive. Un vero guru, aggiunge, è “non un individuo, ma il potere divino della grazia che fluisce attraverso quell’individuo. Quel potere è il Shakti che crea e sostiene il mondo”. Per sostenere tali meravigliosi poteri, un guru “pratica sempre gli insegnamenti che fa agli altri. Lui non interrompe mai la disciplina. Egli rispetta strettamente il celibato”. Infatti Muktananda ammonisce i suoi devoti di astenersi dal sesso. “Per la meditazione”, disse in un discorso a South Fallsburg nel 1972, “quello di cui avete bisogno non sono dollari, uova, dolci, cioccolata o torte. Quello di cui avete bisogno è questo vigore, forte e seminale. Quindi io insisto sul celibato assoluto finché rimanete all’ashram”. Su tali principi granitici sono fondate le comunità di fede.

Diverse centinaia di persone vivevano all’ashram di South Fallsburg al momento della mia visita, ma la gran maggioranza dei devoti di Gurumayi conduce una vita convenzionali nella quale intercala fine settimana e intervalli estivi all’ashram. Persino per loro, il potere delle pratiche del SYDA è innegabile. Qualcuno mi ha raccontato che le pratiche di Siddha Yoga sono state per loro più utili della terapia; alcuni che li ha aiutati a ricongiungersi con la propria religione. E per altri, per cui il coinvolgimento è meno casuale, che ti può trasformare completamente la vita.

Una di queste persone è Sally Kempton, una devota di lungo termine di Gurumayi. Nel 1974, lasciò una promettente carriera da giornalista per ritirarsi nell’ashram. Figlia di Murray Kempton, giornalista del Newsday, Sally aveva la reputazione di pungente saggista per pubblicazioni come Esquire e Village Voice. Nell’aprile 1976, il New York pubblicò un suo pezzo, dal titolo “Stare col Guru”, nel quale descriveva Muktananda che teneva corte in un palazzo a Pasadena, in California, nel 1974, con una gran folla che gli rendeva tributo con fiori e frutta, al suo tocco sulla loro testa con una bacchetta di penne di pavone. Abbigliato nella sua veste arancione, cappello da sci e occhiali da sole, il guru sessantaseienne sembrava, ai suoi occhi, irradiare una spensieratezza da fanciullo, ed essere ” la persona meno svampita, nel locale, una presenza pratica e solida”. Sally Kampton si sedette indifferente mentre i devoti facevano domande su esperienze visionarie, finché una donna fece una domanda che sembrava applicarsi alla sua vita: “Cosa ne facciamo delle emozioni negative?” La sua risposta fu: “Lasciatele andare” e la sua elaborazione conseguente a questo approccio ai problemi difficili ha avuto per lei la forza di un profondo cambiamento, non per l’idea in se, che sembrava una citazione di un proverbio, ma per l’autorità spirituale e il potere che sentì dietro ad esso:

“Sentii come se una grossa pozza si fosse aperta nel mio cuore ( oh Dio, pensai, è tutto vero quello che quelle persone servili stavano dicendo), e la pozza era piena di aria leggera, e io vi stavo galleggiando. È stato il sentimento sensuale più intenso che abbia mai avuto. Mi sentivo così bene che la mia prima reazione fu una netta fitta di colpevolezza, un sentimento di aver fatto un passo falso in qualche zona proibita, di aver forse toccato un centro di piacere nel cervello, che mi avrebbe trattenuto in una sensualità non carnale, avvinta di beatitudine finché non mi fossi trasformata in un vegetale”.

Presto, scrisse, smise di fumare, nonostante fosse una fumatrice dall’età di tredici anni e non avesse avuto particolare voglia di smettere. Iniziò inoltre ad aver bisogno di meno sonno, e raramente si annoiava per cose che prima l’avrebbero annoiata a morte. Un paio di settimane dopo quel primo incontro, fu formalmente presentata a Muktananda, e tre mesi dopo, a Denver, si unì al suo tour.

L’articolo di Muktananda sul New York, fu uno degli ultimi pezzi della Kempton come scrittrice di una rivista popolare. Dal momento che aveva aderito all’entourage di Muktananda, diventò un membro a tempo pieno della sua organizzazione, e nel 1982 divenne swami e gli fu dato il nome spirituale di Durgananda. La sua defezione fu una fatto secondario tra le celebrità del piccolo mondo del giornalismo di New York. Ross Wetzsteon, che fu suo editore al Voice, mi raccontò di ritenere che la sua immersione nel Siddha Yoga l’aveva come svigorita. “Sally era una scrittrice magnificamente dotata, e quando venne coinvolta in quel posto, perse tutto il suo brio, la sua ironia e la sua perspicacia”, disse. “Era come se il cervello le si fosse completamente alleggerito. C’era un vuoto. Sembrava svuotata. La gente usa l’espressione –lavaggio del cervello- lo so che non può essere il suo caso, ma era come se il suo “centro” fosse scomparso, non diventato più forte”.

Durgananda, che adesso ha 51 anni, è una donna magra dai bei lineamenti, con capelli corti di color biondo scuro, e grandi occhi azzurri intelligenti. Quando la incontrai, vestiva una veste rossa e un cappello da sci. Sebbene non si conformasse per niente all’immagine della beatitudine, la donna con cui mi sedetti per un pranzo vegetariano indiano nello snack bar dell’ashram aveva una risata pronta e un certo brio quando parlava del guru in qualche maniera astratta, così come molti devoti. Per esempio, mi raccontò che una caratteristica distintiva di Muktananda e di Gurumayi, se paragonati ad altri guru, “è che loro sono completamente illuminati. Loro hanno raggiunto lo scopo”.

“Come lo capisci?” chiesi.

Lo capisci in ultima analisi dalla tua esperienza. Lo capisci in ultima analisi dallo stato che raggiungi. Ma ci sono un sacco di modi in cui puoi verificare o che puoi capire lo stato del tuo guru. Uno di questi è che un maestro è in uno stato di totale coscienza egualitaria, e tu lo vedi affiorare. In altre parole, senza essere svampiti, o fuori dal mondo, loro vedono realmente tutti uguali. È qualcosa che è così rara, che non ci rendiamo conto di quanta ineguaglianza sperimentiamo… Cose come: sei troppo espansivo, sei troppo freddo, stai bene con questo, non stai bene con quello, vuoi questo, non vuoi quello. È come se l’intero universo fosse fatto di meglio e peggio, e di più e meno. Quello che tu trovi con questi maestri, non è che loro non provino emozioni, e ti dicono di non provarle. Non è questo. Ma vedendoli di volta in volta in situazioni diverse capisci che hanno una gioia ed una equanimità genuine e senza fine”.

Quando feci a Durgananda alcune domande, sulle abitudini e consuetudini di Gurumayi, le sue risposte furono discrete. Tutto quello che riuscì a raggranellare fu che Gurumayi mangia da sola, che ha un buon senso dello humour, e che ama aiutare le persone.

Alcuni seguaci con cui parlai, attestarono visioni di Gurumayi “che ti cambiano la vita”, a volte addirittura prima che la avessero incontrata, o parlarono di sogni profetici su di lei. Sebbene i poteri attribuiti a Gurumayi, sono principalmente nel campo dell’aiutare la gente a sentirsi più “centrata”, i suoi poteri potrebbero risiedere soprattutto nell’abilità di attrarre seguaci con una buon livello di istruzione e relativamente benestanti. Gurumayi, secondo tutte le testimonianze, è un leader freddo, calmo e sicuro. Ciò nonostante, venivo fermamente bloccata ogni qualvolta cercavo di oltrepassare le barriere attorno a lei. La sua linea, mi dissero, è quella di non concedere interviste a pubblicazioni che non siano quelle del SYDA. Al contrario Muktananda era solito dare interviste liberamente, persino apparendo in numerosi show televisivi (compreso uno a Santa Monica nel 1980 nel quale diede lo Shaktipat così è chiamata la trasmissione del potere spirituale dal guru al discepolo, al suo intervistatore durante la pausa pubblicitaria) ma anche Gurumayi nei primi giorni di reggenza ne concesse molte. Inoltre scoprì di non poter passeggiare per l’ashram da sola, e non mi era possibile nemmeno sedere nell’atrio senza che un uomo sorridente con un walkie-talkie o un microfonino mi piombasse addosso. Molte delle mie domande sulla storia del SYDA sembravano essere accolte con un aria di segreto. E dopo che ebbi quella che pensavo una conversazione privata con un devoto, i contenuti della conversazione furono riportati allo staff SYDA da qualcuno rimasto nelle vicinanze. Probabilmente l’esperienza li ha resi cauti sul rischio di rendere pubblici i loro affari.

Il primo sentore di scandalo avvenne quando, poco prima della sua morte, Swami Muktananda fu accusato di non vivere nel rispetto dei principi di celibato ai quali dava grande importanza. Le accuse furono scritte in un articolo di William Rodarmor, nel 1983, pubblicato dal CoEvolution Quarterly (adesso Whole Earth Review). L’articolo di Rodarmor era basato su venticinque interviste ai membri ed ex membri del SYDA, e dettagliava le attività sessuali che Muktananda era accusato di aver intrattenuto con le sue seguaci, molte delle quali abbastanza giovani. Secondo l’articolo, i membri della “cerchia interna” avevano tollerato, o tentato di razionalizzare il suo comportamento per anni. Quindi nel 1981, uno swami chiamato Stan Trout distribuì pubblicamente una lettera nella quale accusava l’allora settantatreenne guru di tradire la fiducia di giovani donne dell’ashram e causare l’angoscia delle loro famiglie, strappando loro favori sessuali nel nome dell’illuminazione spirituale. Sebbene la lettera preoccupò molti nella comunità SYDA e scosse profondamente il mondo dello Yoga, Muktananda scelse di rispondere facendo circolare nel gruppo dei suoi fedeli un “Messaggio da Baba”, nel quale citava Kabir santo e poeta del quindicesimo secolo: “l’elefante avanza a grandi passi con la sua andatura, ma i cani gli camminano dietro abbaiando”, e dicendo ai devoti che loro “avrebbero dovuto riconoscere la verità dalla loro esperienza, non dalle lettere che ricevevano”.

Alcuni ex seguaci raccontarono a Rodarmor che Muktananda usava un tavolo appositamente fatto all’ashram di South Fallsburg per i suoi incontri sessuali, che in India aveva l’abitudine di visitare i dormitori delle ragazze durante la notte, e che era sua abitudine elargire doni in denaro e gioielli alle giovani che convocava nella sua camera. Se una donna improvvisamente compariva vestendo nuovi gioielli, dissero gli ex devoti, si capiva che era stata irretita dal guru. Michael Dinga, un imprenditore di Oakland, ex membro ed ex amministratore della SYDA Foundation è stato a capo dell’organizzazione a South Fallsburg per diversi anni, in seguito si disilluse e nel 1980 lasciò il SYDA, raccontò a Rodarmor “si supponeva che fosse il grande segreto di Muktananda, ma dato che molte delle ragazze erano adolescenti, era ben difficile che restasse tale”.

Per indagare su queste affermazioni, ho inseguito all’incirca un centinaio tra ex seguaci, ex amministratori, ed ex swami, tutti tranne pochi tra loro avevano così paura di rappresaglie da parte del SYDA, o erano così desiderosi di non più essere invischiati con l’organizzazione che avrebbero parlato con me solo dietro promessa di non usare i loro nomi. Molti credevano che le accuse riguardo il comportamento di Muktananda fossero vere, e trovavano difficile credere che Gurumayi non ne fosse a conoscenza. Alcuni ex seguaci mi raccontarono che molte consideravano un onore essere state irretite dal guru, uno disse che quelle che avevano relazioni durature con lui, erano conosciute come le sue “regine”, sebbene qualche famiglia e qualche responsabile delle ragazze coinvolte sessualmente con lui, cominciarono a preoccuparsi. Diversi precisarono che, qualsiasi cosa fosse avvenuta, accadde nel contesto di una riverenza tale che i seguaci, avevano l’abitudine di bere l’acqua in cui Muktananda si era lavato e di adorare il taglio dei suoi capelli, così come, gli assistenti di Gurumayi avrebbero presto gareggiato per sedere nella sua acqua sporca.

“Un maestro Siddha può risvegliare il Shakti con il sesso”, mi raccontò un devoto di lungo corso che lasciò il SYDA a metà degli anni ottanta,. Nel suo libro Dove stai andando? Muktananda scrive: “È attraverso il potere del fluido sessuale che sale” che il guru “riesce a dare lo Shaktipat”. Nel contesto, questo sembra essere parte di un discorso sul celibato. Ma può stendere luce su un dettaglio comune a tutti i racconti degli incontri sessuali di Muktananda: cioè che lui non eiaculava. Due donne con cui parlai, che erano poco più che ventenni quando Muktananda le avvicinò, dissero di aver considerato l’esperienza “amorevole” e che era “non proprio sesso”.

Cosa, esattamente si intendeva con “non proprio sesso” fu chiarito da un’altra ex devota, una scrittrice, che mi spedì una resoconto non pubblicato, di quello che lei descriveva come un incontro sessuale che lei ebbe all’età di ventisei anni con l’allora settantunenne Muktananda. Dopo averle parlato per un po’ nella sua camera una sera, sul potere del Kundalini, lei racconta, Muktananda le disse che “il piacere che guadagniamo dal fare sesso ha anche controparte una più alta”. Il suo resoconto continua: “mi disse che quando il Kundalini è completamente realizzato, il corpo è in uno stato di continua estasi, continua a cambiare ed è sempre nuovo”

Mi chiese di sdraiarmi su un tavolo. Stette vicino a me e si mise dentro me (n.d.t. traduzione letterale). Restammo in questa posizione per circa un’ora e mezza. Durante il tutto, non ebbe mai un’erezione né eiaculò. Non si mosse nemmeno. Parlammo tutto il tempo. Scherzava molto e mi raccontò storie della sua infanzia. Ad un tratto disse: “tutto quello che sta accadendo adesso non può essere compreso con la mente. Non pensarci molto. Sta accadendo e basta, e questo è tutto. Sappi solo che questo è il più gran giorno della tua vita”. Fu un’esperienza davvero straordinaria. E aveva ragione, non avrei mai potuto capire con la mente quello che successe quella sera. Tutto quello che sapevo era che ero in uno stato di estasi totale, e qualsiasi cosa successe non aveva niente a che fare con il sesso.

In una lettera che la donna mi spedì non molto tempo fa, mi esortava a considerare la sua esperienza, in un contesto di relativismo morale. “Il bell’esempio che i (veri) Siddha ci danno, e che mi tocca sempre profondamente, è la loro capacità di non giudicare e di accettarti completamente”, lei scrisse, e aggiunse, ” la Grazia di un Guru come Baba è una cosa davvero misteriosa”. Muktananda può anche aver considerato i suoi incontri sessuali in una tale ottica, ma avrebbero potuto essere una faccenda pubblica. La sua volontà di nasconderli al pubblico, e persino alla maggioranza dei suoi seguaci fu comunque ipocrita. Un buon numero di persone con le quali parlai, sebbene fosse turbato dalla sua doppia vita, trovava spiegazioni spirituali al suo comportamento. Pochi consideravano il tempo passato con Muktananda esser stato una esperienza funesta, e non ritenevano che le sue attività sessuali negassero i regali spirituali che lui aveva dato loro. Alcuni speculavano che la sua attività sessuale avrebbe potuto essere interpretata come una venerazione di divinità; altri indicavano precedenti nella storia dello yoga dove maestri santificati disprezzavano costumi convenzionali poiché loro vivevano su un piano più esoterico. Due suggerirono che la supposta preferenza di Muktananda per le donne molto giovani, le quali, si diceva, erano da lui scelte regolarmente da un dormitorio a sei letti conosciuto come il dormitorio delle principesse, rispondeva al bisogno di avere da loro “un’energia extra” che gli sarebbe servita dopo i tre infarti. Infine, alcuni devoti speculano che Muktananda stesse effettivamente conducendo iniziazioni spirituali tantriche. (Le tradizioni tantriche sono derivate da un certo numero di scritture mistiche hindu e buddiste, risalenti al sesto – dodicesimo secolo, che descrivono una serie di pratiche tra le quali una forma di incontro sessuale nel quale l’eiaculazione è controllata per raggiungere stati esaltati di coscienza e illuminazione.). Ma le “scolare tantriche” con cui parlai, rifiutarono questa spiegazione. ” un tale comportamento non dovrebbe essere legittimato chiamandolo Tantra”. Robert Thurman, il capo del dipartimento della Religione alla Columbia, mi disse: l’incidente traumatizzante occasionale, persino nelle leggende, dimostra esattamente il grado in cui tali comportamenti sono contro la tradizione”.

Il modo in cui egli più si avvicinò ad una spiegazione del suo comportamento, alcuni sostengono, fu in maniera indiretta in una conversazione raccontata da Pratap Yande, un devoto indiano di lungo corso, poco dopo la morte del guru e pubblicata nel numero di Ottobre 1982, Siddha Path, la rivista mensile della setta. La conversazione, intitolata “mai andare troppo vicino ad un santo”, riguardava un grande santo del diciassettesimo secolo, chiamato Ranganath, che visse la sua giovinezza da asceta ma ad un certo punto ebbe una visione che gli diceva di accettare le cose mondane che gli sarebbero state offerte. Piano piano, la visione si avverò, e gli fu dato un bel cavallo, servi, ed abiti eleganti, e visse in maniera lussuosa, tanto che molte persone attorno a lui trovavano tutto ciò “confondente”. Un giorno, la storia narra, un re pio andò da Raganath, che si supponeva ancora rinunciare al sesso, e lo trovò giacente a letto con due belle donne che gli stavano massaggiando i piedi. Quando il re vide Raganath, “un piccolo dubbio circa la sua santità” balenò nella sua mente. Avvertendo ciò Raganath congedò le donne, chiese un secchiello d’argento, “chiuse la porta e in presenza del re, eiaculò il suo liquido seminale nel secchiello, riempiendolo fino all’orlo. Poco dopo, ricorrendo ad una pratica esoterica yoga chiamata mahavajroli mudra, ” riassorbì tutto il seme in sé e tornò a dormire”, e le due donne tornarono e continuarono i loro massaggi ai piedi. La morale della storia: “è impossibile capire un Siddha”. Comunque rimanevano alcuni seguaci che non potevano accettare una spiegazione spirituale di qualsiasi tipo, e riluttanti conclusero che, sebbene il potere spirituale di Muktananda fosse innegabile, il loro maestro non era ne illuminato ne infallibile come loro credevano, mentre altri sentirono repulsione e shock quando seppero di questo comportamento. Un gran numero di seguaci attivi alla fine lasciarono il SYDA dopo aver sentito delle accuse contro Muktananda, molti non ripresero più le loro pratiche spirituali. “La mia opinione personale è che non va bene, non interessa che sia una tradizione onorata da tempo”, mi raccontò una ex devota che ha passato un anno di angoscia cercando di trovare una spiegazione soddisfacente dell’intera faccenda. “Fu sesso e fu abuso”. La stessa donna che fu un membro della cerchia interna del SYDA, fu informata che non era più la benvenuta all’ashram dopo che decise che non poteva sostenere le supposte attività sessuali di Muktananda, disse a Durgananda che lasciava per motivi di integrità personale. “E quello che lei disse, non lo scorderò mai, fu: – bene tu ti permetti il lusso dell’integrità. Le persone coinvolte qui non hanno questo lusso.- mi si rizzarono i capelli”. Durgananda dice di non ricordare di aver fatto quell’ affermazione.

Il SYDA è rimasto fermamente alla versione che Muktananda non abbandonò mai il celibato, e i suoi swami si sono dati un gran daffare per insegnare i modi di far fronte alle domande sull’argomento in sessioni di role-playing training con i maestri di meditazione. Una swami americana a cui parlai, Kripananda, ex professore di college che visse e viaggiò molto con Muktananda, nega vigorosamente ogni accusa. Kripananda dice che all’ashram indiano del SYDA, a Ganeshpuri, circa ottanta chilometri da Bombay, la sua camera era vicina alle scale tra il dormitorio delle ragazze, sopra, e la camera di Muktananda, direttamente sotto. I muri e le porte erano così sottili che avrebbe potuto sentirlo starnutire o tossire, e lei non sentì mai niente di sospetto. E non ebbe mai nessun reclamo dalle ragazze riguardo eventuali molestie sessuali, disse, sebbene venissero sempre da lei per i loro problemi.

Durgananda definì le accuse “risibili” e “ridicole”. Se fossero state vere, disse, Muktananda non sarebbe riuscito a dare lo Shaktipat e l’organizzazione non sarebbe più stata così forte come invece continuò ad essere. Recentemente comunque, parlai con due maestri di meditazione da molto tempo nel SYDA, che hanno carriere accademiche e professionali ben avviate come psicoterapisti, che dissero che Durgananda dava loro un’altra versione. Mi raccontarono che l’inverno scorso indagarono su alcune delle accuse, e conclusero tristemente che erano vere, e nel maggio di quest’anno, fronteggiarono Durgananda e un altro swami, chiedendo di conoscere perché la verità era stata tenuta a loro nascosta per così tanti anni. Il confronto avvenne fuori dall’ashram, e questa volta, secondo i terapisti, Durgananda non disse che le accuse erano false. Durgananda raccontò ai due che conosceva un certo numero di quelle donne abbastanza bene ed era convinta che qualsiasi cosa fosse successa, era stata loro di beneficio, ma che gli swami non parlarono mai di questo, perché pensavano che fosse più appropriato essere “discreti”. I due hanno lasciato il SYDA. Quando telefonai a Durgananda e le raccontai ciò che mi dissero, mi rispose: “il mio ricordo è che lo negai a loro”, e aggiunse che, se le accuse fossero “fondate oppure no, non cambiano la nostra considerazione di Baba”.

Così come erano fastidiose le accuse di sesso, Michael Dinga, ex amministratore della SYDA Foundation, ed altri ex devoti, diedero a Rodarmor descrizioni ugualmente fastidiose di tattiche da braccio duro usate per mettere a tacere gli ex seguaci o per punirli per la slealtà. Negli anni, gli ex seguaci dissero, vari “esecutori” affrontarono e minacciarono chi non era più nei favori del SYDA. Dinga e sua moglie, Chandra, raccontarono a Rodarmor che furono soggetti a mesi di molestie. Tramite un messaggio lasciato su una segreteria telefonica di un altro ex seguace, Rodarmor scrisse, i Dinga, furono avvisati che se non se ne fossero stati quieti “sarebbe stato gettato acido sul viso di Chandra e Michael sarebbe stato castrato”. Nei primi anni ottanta, gli ex devoti erano particolarmente timorosi di David Lynn, un veterano del Vietnam. Inoltre Joe Don Looney un famoso runnin back del N.F.L. conosciuto negli anni sessanta per la sua veemenza che faceva infuriare gli allenatori, divenne in breve coinvolto in queste attività. Rodarmor riportò anche che Muktananda telefonò a Dinga mentre viveva ancora nell’ashram per lamentarsi dello swami Stan Trout; disse a Dinga che “l’ego di Trout stava diventando troppo grande”, spiegando che stava mandando Lynn per dargli una lezione, e quindi di non interferire (questo incidente precedette e non era correlato alla lettera aperta di Trout). Dinga disse a Rodarmor che Lynn andò a South Fallsburg, ne scaturì una colluttazione con Trout, e lo prese a pugni. Lynn conferma di averlo preso a pugni, ma dice di esserci andato di sua iniziativa. Secondo Rodarmor, Lynn e Looney visitarono anche un’altra ex devota e le dissero che Muktananda gli aveva detto che a Chandra Dinga rimanevano solo tre mesi di vita. Le molestie, scrisse Rodarmor, cessarono solo dopo che i Dinga assoldarono un avvocato e la polizia locale fece visita all’ashram di Oakland.

È questo elemento del resoconto di Rodarmor, le intimidazioni di quelli che lasciano il SYDA o che sembravano minacciarlo, che è continuato nel SYDA di Gurumayi ed ha continuato ad adombrare l’organizzazione, specialmente in connessione con le accuse sul trattamento subito da Nityananda, fratello di Gurumayi e suo co-sucessore.

Molto prima che Gurumayi e Nityananda nacquero, loro padre, un ristoratore di Bombay, Sheena Shetty, fu ammiratore di Muktananda. Si incontrarono per la prima volta nel 1944, e per un po’ Shetty, un uomo profondamente religioso, diede a Muktananda dello spazio, sopra il suo ristorante. Infine, Shetty e sua moglie, Devaki, mandarono due dei loro quattro figli a vivere e studiare con Muktananda. Malti, la futura Gurumayi, arrivò nel 1973, quando era diciottenne, Subbhash, il terzo figlio e più giovane di Malti di sette anni, lo seguì nel 1978.

Subhash Shetty, che era riconosciuto essere di natura buona e timido, ricevette il nome di Swami Nityananda Saraswati quando prese i voti monastici nell’ottobre 1980. Il nome fu un grande onore, siccome il guru di Muktananda si chiamava anche lui Nityananda. Alla fine di un grande programma pubblico a South Fallsburg il 17 luglio 1981, Muktananda, allora settantatreenne e in salute precaria, annunciò che Nityananda, che era diciottenne, sarebbe stato il suo successore. Quasi tutti furono sorpresi dalla notizia, incluso Nityananda stesso. Mentre molti accolsero con favore l’annuncio, altri si preoccuparono perché era ancora troppo immaturo per prendere il posto del guru. Una persona che sembrava essere impreparata alla notizia era Malti, che alcuni consideravano una miglior candidata, per la sua maggior maturità, disciplina, ed esperienza.

In seguito, l’inverno successivo, Muktananda a volte parlava dei suoi successori al plurale, senza spiegarsi chiaramente. Infine, il 25 febbraio 1982, alcuni swami lo intervistarono per il Siddha Path (il giornale del SYDA), e lui rispose che, siccome c’erano due sessi al mondo, gli sembrava giusto mettere un uomo e una donna come suoi successori. Il 26 aprile, a Ganeshpuri, Malti fu rinominata Chidvilasananda, gli furono tagliati i suoi capelli neri radianti, e prese i voti monastici. (Gurumayi, o “assorbita nel guru”, è un titolo onorifico). Due settimane dopo, fratello e sorella, gli ex seguaci dicono, dopo esser stati in ugual misura coccolati e tenuti al guinzaglio da Muktananda, furono nominati co-successori. In un video della cerimonia, entrambi sembravano timorosi e vulnerabili. Gurumayi era allora da un paio di mesi ventisettenne, Nityananda solo diciannovenne.

Dall’inizio i loro stili erano differenti. Secondo molti racconti, Nityananda era informale, accessibile, amichevole con i devoti, in qualche maniera auto-ironico, e preferiva cantare, meditare e suonare il tamburo piuttosto che tenere discorsi, mentre Gurumayi amava le cerimonie e prese più seriamente il compito di curare l’immagine pubblica del SYDA e la sua. Di solito, quando c’erano due darshan, i suoi erano più lunghi. Nityananda, da parte sua, sembrava contento di lasciar giocare a sua sorella un ruolo dominate nella conduzione dell’ashram.

La morte di Muktananda, cinque mesi dopo aver insediato i due come co-successori, privò il SYDA del personaggio più carismatico. Ha anche lasciato una specie di vuoto organizzativo. Nominando i successori, Muktananda apparentemente non disse mai che entrambi fossero “illuminati”, ne diede indicazioni sulla conduzione dell’ashram. A peggiorare le cose, negli anni seguenti, molti degli swami senior, e in totale circa la metà di tutti gli swami lasciarono. Questo perché senza di lui si sentivano persi di un legame con l’organizzazione, o a causa di quello che loro percepivano come una crescente atmosfera autoritaria.

I devoti che negli anni seguenti lasciarono il SYDA per seguire un’altra nota leader spirituale indiana, Mata Amritanandamayi, e quelli che la visitarono mentre ancora facevano parte del SYDA, furono sconvolti nello scoprire che i loro nomi erano messi per iscritto non appena arrivati al suo programma. Il SYDA negò di aver dato il compito di scrivere i nomi dei propri seguaci o degli ex devoti che seguivano i programmi di altri leader spirituali, ma una ex swami con cui parlai, mi raccontò con molto imbarazzo che lei stessa aveva partecipato ad una di queste sortite. Negli anni, ad un gran numero di persone è stato annunciato che non erano più i benvenuti all’ashram poiché erano in disaccordo con le sue linee. Sebbene io parlai con almeno una dozzina di queste persone, il SYDA sostiene che le uniche persone cui non è permesso di visitare l’ashram, sono quelle che hanno “una storia di disgregazione della pace e della quiete dell’ashram”.

Il compito di attrarre nuovi devoti, chiaramente, fu preso in grande urgenza. Sebbene con Muktananda ci fosse il tutoring (istruzione) dei presentatori pubblici e una certa linea istituzionale, egli aveva comunque concesso ai suoi swami una discreta libertà. Dopo la sua morte, sebbene i manager gradualmente presero molte delle funzioni degli swami, e quasi ogni aspetto della presentazione dei programmi religiosi dell’ashram, e di quelli destinati all’esterno, finirono sotto il controllo del Dipartimento di Programmazione, questo organo incominciò a fare affidamento a discorsi provati, e persino a prove di reazioni da parte del pubblico, per “appianare” i programmi pubblici del SYDA. Agli swami fu persino richiesto occasionalmente di mettere piccole auricolari quando tenevano discorsi così che Gurumayi o George Afif, un devoto di origine libanese e suo stretto collaboratore, potessero dar loro suggerimenti mentre parlavano.

Persino i credenti più tenaci furono sicuramente messi alla prova da una serie di eventi bizzarri che ebbero luogo a Ganeshpuri alla fine del 1985, quando improvvisamente fu annunciato che siccome Muktananda aveva nominato Nityananda come co-guru per un periodo di soli tre anni, era giunto il momento che Nityananda si dimettesse sia come co-successore sia come swami. Per molti negli ashram negli Stati Uniti, specialmente a quelli che avevano avuto forti esperienze spirituali tramite di lui, l’annuncio fu sconcertante. Ai seguaci fu detto di riporre le fotografie e i video che includevano Nityananda e di tagliare tutte le immagini e le informazioni su di lui dai libri; un ex dirigente di un centro si ricorda dell’ordine di bruciare le immagini di Nityananda, perché avrebbero portato sfortuna. Quindi, cinque mesi dopo, il SYDA modificò i suoi precedenti annunci: adesso la ragione per cui Nityananda aveva lasciato era che aveva rotto il voto di celibato. Nityananda, un tempo onorato successore di Muktananda, era diventato non solo un non-guru ma anche una non-persona.

Alcuni dicono che i semi del conflitto c’erano fin dall’inizio. Poco dopo il funerale di Muktananda, Gurumayi e Nityananda tennero discorsi sui loro nuovi ruoli. In un video dell’evento che ho guardato recentemente (è stato salvato da un devoto durante la grande purga), Nityananda con gli occhi pieni di lacrime e con la voce tremante dall’emozione, agguantò le mani di sua sorella, le alzò in aria, e disse: “La gente ha gia iniziato a creare una divisione tra di noi, lei è migliore e lui è cattivo, lui è migliore e lei è cattiva. Voglio farvi sapere una cosa: molti di voi sanno che siamo nati dalla stessa famiglia e che siamo stati uniti fin dall’infanzia, non importa quello che fate, non importa quello che pensate di noi, noi non ci divideremo.

Ma tre anni dopo, nell’autunno 1985, dopo che i due guru arrivarono, separatamente, a Ganeshpuri per le cerimonie di commemorazione del terzo anniversario della morte di Muktananda, questa unità era già fortemente minata. Data la tensione, infatti, Nityananda raccontò agli amici che pensava che avrebbe potuto essere una buona idea iniziare un giro dei posti santi dell’India. Quel viaggio non fu mai intrapreso. Al suo posto, Nityananda finì con l’imbarcarsi in un odissea che alla fine lo portò in esilio al suo piccolo ashram, un posto chiamato Shanti Mandir (Tempio di Pace), situato nelle Catskills Mountains non lontano dal complesso del SYDA. Nityananda all’inizio era riluttante a parlarmene, ma alla fine accettò di incontrarmi a Shanti Mandir in un giorno di neve lo scorso inverno. Il suo ashram si rivelò essere una modesta casa in legno e mattoni in una strada secondaria. Nityananda ha una faccia grande e rotonda, la barba scura, e maniere gentili e modeste e vestiva la veste arancione degli swami.

Ammise subito di fronte a me che, come dirigente SYDA, aveva trasgredito i suoi voti, e che tra i diciannove e i ventitré anni, prima della sua partenza dal SYDA, ha avuto incontri a sfondo sessuale con sei donne. Disse inoltre che lo ha ammesso a chiunque glielo avesse chiesto. Aggiunse che una delle sue amanti fu Devayani (adesso la sua principale assistente). Disse che si dispiaceva per questa sua passata manchevolezza, ma che crede che il regalo essenziale datogli da Muktananda è eterno e che lui è e sempre sarà suo successore. Nove anni fa, comunque, Gurumayi fece capire molto chiaramente il suo disaccordo su questo punto.

Ecco la versione di Nityananda della sua deposizione.

Erano circa le 10.30 della sera del 23 ottobre 1985, mentre migliaia di persone stavano cantando altrove nell’ashram di Ganeshpuri come parte delle cerimonie commemorative, ci fu un battito sulla porta dell’appartamento di Nityananda. Quando la sua assistente aprì la porta, sette o otto persone irruppero e cominciarono a gridargli: “Hai perso tutto il tuo potere! Non sei più un guru!”. Egli protestò e i visitatori gli dissero che stavano parlando per conto di Gurumayi, continuando a rimproverarlo. Nityananda disse che cercò di parlare a sua sorella, che chiamò sul telefono interno dell’ashram, ma lei non lo accontentò dicendo che si sarebbero parlati la mattina successiva. Se stavano così le cose, le disse, lui avrebbe dovuto lasciare. Circa un ora dopo, comunque, gli fu riferito dal suo autista che tre uomini dello staff di sua sorella avevano sgonfiato le gomme di tutte le auto dell’ashram.

Il mattino seguente incontrò sua sorella nell’ingresso dell’appartamento di Muktananda, dove lei era stata raggiunta da George Afif. Sua sorella gli chiese: “Bene, cosa vuoi fare?”. Egli replicò: “E’a frase tra virgolette che segue i due punti deve iniziare con la maiuscola. meglio che io lasci, ma forse dovrei restare fino alla fine della cerimonia siccome tutta questa gente è venuta qui per questo”. Gurumayi disse a suo fratello di venire in camera sua “per parlare ancora”, e si trovò attorniato dallo stesso gruppo che si era trovato di fronte la notte prima. “Queste persone sono qui per aiutarti a tirar fuori quello che vuoi dire”, sua sorella gli disse.

Dopo di che, fu condotto nello studio di Muktananda, dove per i successivi diciotto giorni i suoi unici visitatori furono quelli che Gurumayi gli permetteva di vedere, soprattutto le stesse persone che erano andate in camera sua, e che adesso ogni giorno lo sottoponevano a lunghe arringhe. Fu portato fuori per due visite al bar e per due annunci pubblici, entrambi i quali egli dice, fu costretto a fare: primo, che avrebbe fatto voto di silenzio, e quindi, cinque giorni dopo, che non era più un guru. Il Mahamandaleshwar, lo stesso ufficiale ecclesiastico che aveva supervisionato l’assunzione dei voti monastici da parte di Nityananda, così come molte delle cerimonie sacre del SYDA, fu persuaso a dare la sua benedizione alla cerimonia che deprivava Nityananda dei suoi voti, del suo nome spirituale (fu ufficialmente rinominato Venkateshwar Rao), e del suo status di guru. Il 10 novembre, Gurumayi fu nominata unico successore.

A Nityananda fu quindi permesso di ritornare alla sua camera, e nelle settimane successive, disse che firmò carte nelle quali rinunziava al suo potere di capo ecclesiastico della SYDA Foundation, molti fogli bianchi, e un documento con cui cedeva l’accesso ad un conto bancario. “Baba ha messo un milione di dollari per Gurumayi e per me stesso in un conto in Svizzera”, Nityananda mi raccontò. “L’ashram ha il suo conto, e c’era un conto privato che Baba aveva a suo nome e che aveva trasferito a noi. Mi disse che se mai qualche cosa fosse accaduto all’ashram, se la gente non fosse più venuta, o se fosse capitata qualsiasi altra sfortuna, lui aveva lasciato abbastanza per noi due per vivere dignitosamente nell’ashram”.

Il 24 novembre, pochi giorni dopo che Nityananda firmò le carte, Gurumayi e Afif arrivarono in camera sua e convocarono Devayani (la persona dell’ashram alla quale era più vicino) e altre undici persone, tra le quali altre sei donne che Gurumayi accusava di essere state “abusate” da lui. (Nityananda dice di aver avuto rapporti sessuali consensuali con quattro delle sei, e nessun rapporto invece con le altre due). Quando tutti furono riuniti, Gurumayi colpì lui e Devayani con una canna di bambù e quindi la passò alle sei donne e ingiunse loro di colpirlo. La fustigazione continuò per tre ore, durante le quali, Nityananda disse, Gurumayi intimava continuamente i suoi molestatori di picchiarlo con maggior vigore, “ad un certo punto lei disse, -forse dovrei colpirlo sul pene, poiché è la causa di tutto ciò-“. Egli afferma anche che dopo che la punizione andava avanti da un certo tempo, Gurumayi si rivolse ad un aiutante e disse: “Non è che sta per crollare, vero?”. Quindi si volse verso Ganesh Irelan, che un tempo fu uno stretto collaboratore di Nityananda e, dieci anni dopo sarebbe intervenuto al terminal Lufthansa all’aeroporto JFK, domandandogli se voleva fare o dire qualche cosa. Ganesh rispose dando un pugno in faccia a Nityananda. Prima che Gurumayi se ne andasse, Nityananda dice, che gli domandò: “Non andrai a raccontare tutto ciò alla polizia, vero?”

Quando brevi resoconti di questi eventi comparirono nel gennaio e nel marzo del 1986 in copertina del Settimanale Illustrato, una rivista molto diffusa in India, il SYDA rispose con un pacco di comunicati dei suoi amministratori, di un gruppo anonimo di swami, e di Gurumayi stessa. Questi comunicati, insieme alle risposte scritte a domande che io ho posto loro negli scorsi mesi, danno una diversa versione degli eventi di Ganeshpuri, che confermano alcune asserzioni di Nityananda e ne contestano altre. Il SYDA si è dato un gran daffare per provare che Nityananda sia un inveterato bugiardo, ad un certo punto mi mostrarono addirittura un video nel quale egli dice di imparare a mentire come uno scolaro.

Gurumayi dichiarò che, poiché era preoccupata che “qualcosa di pericoloso sarebbe potuto accadere a lui e ad altri”, se Nityananda avesse lasciato l’ashram, ordinò di chiudere i cancelli. Quando le fu detto che lui aveva le chiavi di tutti i cancelli, ella decise che “si sarebbe dovuto fare qualcosa di più drastico, bisognava sgonfiare tutte le gomme”. Ella acconsentì il suo relativo isolamento nello studio di Muktananda ma insistette che lui era li di sua spontanea volontà “per contemplare le sue mancanze e sul motivo per cui aveva perso quello che pensava di aver avuto”. E, inoltre, che lui poteva andare e venire a suo piacimento.

Gurumayi confermò anche la fustigazione, sebbene descrivesse la canna come “un piccolo bastone da passeggio” aggiungendo che “in mia presenza, ricevette pochi colpi col bastone dalle donne delle quali aveva abusato, oltre a pochi colpi dati da me”. E se il SYDA insiste che Gurumayi non disse mai niente di simile a “non è che sta per crollare, vero?”, Ganesh Irelan mi ha confermato che il pestaggio arrivò ad un punto in cui egli colpì con un pugno Nityananda. Inoltre Gurumayi disse che un altro uomo, uno swami, era così frustrato che dovette essere trattenuto.

Il punto principale del contendere è se Nityananda si sottomise a tutto ciò di sua spontanea volontà o fu sottomesso e obbligato, e se così, fino a che punto. Il SYDA continua a sostenere che lui potesse liberamente andare e venire dagli alloggi di Muktananda (se non addirittura dall’ashram stesso). Alcuni ex seguaci recentemente mi raccontarono, comunque, che videro Nityananda scortato da una guardia armata. Inoltre, la madre di Gurumayi e di Nityananda, Devaki Shetty, che era a Ganeshpuri al tempo e alla quale era concesso preparare i pranzi di Nityananda, più volte si rivolse a Gurumayi per esprimere la sua preoccupazione riguardo il trattamento a cu era sottoposto suo figlio. Gurumayi alla fine le disse, come sostiene la signora Shetty, di “andare a buttarsi nel fiume”. Era così sconcertata che lasciò l’ashram, e per quasi una decina di anni né a lei né a suo marito fu permesso di tornare li o di comunicare in alcun modo con la loro figlia.

Eppure, è chiaro che Nityananda stesso fu un partecipante attivo nelle cerimonie che lo destituivano. Il suo annuncio pubblico nel 1985, infatti, sembrò francamente esprimere un desiderio di abbandonare la carica. E più tardi scrisse una nota nella quale lui ringraziava Gurumayi per “i diciotto giorni più meravigliosi e rivelatori” quelli passati isolato nello studio di Muktananda.

Nityananda adesso dice che sentiva di aver perso la capacità di resistere. Sua sorella secondogenita, Rani, con cui recentemente parlai per telefono, mi raccontò che quando a lei e a suo marito fu permesso di vederlo, il 30 di ottobre, sembrava incapace di risponder loro. “Non si comportava come una persona pienamente cosciente”. Persino il Mahamandaleshwar, il religioso che diede l’approvazione alla cerimonia di espulsione di Nityananda, è adesso dell’opinione che Nityananda fu forzato a parteciparvi, contro la sua volontà. E sebbene il SYDA sminuì l’intensità della fustigazione, due persone che videro Nityananda nei due giorni successivi, rammentano che aveva delle contusioni sulle braccia. Diverse settimane dopo, passò un po’ di tempo con dirigenti di un centro SYDA in Germania, ed essi videro delle cicatrici sulle sue braccia, sul torace e sulla schiena.

Ancora, in un’intervista che Nityananda rilasciò diverse settimane dopo l’evento, egli negò di essere stato maltrattato. Poco dopo l’intervista, Nityananda dice, scappò dall’entourage di Gurumayi nelle Hawaii dove si trovava, e prese un aereo per la California. Prima di partire scrisse a Gurumayi un’altra annotazione, nella quale la ringraziava per la sua “pazienza e compassione” e per essersi presa una “gran cura” di lui, e gli chiese la sua benedizione. Nityananda adesso sostiene che era grato a Gurumayi e ai suoi seguaci perché non sembravano più interessati nel minacciarlo o insultarlo, inoltre, dice, sperava che la lettera li facesse desistere dal perseguitarlo in futuro.

Ho visto simili scritti di altre persone che lasciarono il SYDA in stato di sofferenza intensa. La volontà degli autori era di riconoscere gratitudine per quello che loro avevano trovato nel Siddha Yoga, ma anche di evitare ulteriori problemi. Un ex swami di nome Paul Costantino, cui il SYDA diede l’incarico di partecipare ad una serie di gruppi di discussione nei quali si denigrava Nityananda, e che è adesso un maestro nei programmi di Nityananda alla Shanti Mandir Corporation, mi raccontò di recente che anche lui, scrisse una lettera pacificatoria quando se ne andò. “Lasciai a causa della crescente e assurda atmosfera di paura, degli informatori, delle confessioni pubbliche e del clima da Grande Fratello”, disse. “Ma quando lasciai, nel 1987, scrissi a Gurumayi una lettera nella quale richiedevo la sua benedizione. Lo feci per scrollarmi di dosso lei e George Afif.

Afif sembrava giocare un ruolo centrale nell’esperienza al SYDA di molti ex seguaci con cui parlai. Un uomo esile con dei baffi alla Omar Sharif, che divenne un devoto di Muktananda nel 1974, e che frequentò regolarmente all’ashram di Ann Arbor nel Michigan, mi disse: “Era un uomo affascinante sotto molti punti di vista, con una forte attitudine alla devozione, ed aveva anche un certo talento da artista”. Una delle persone che lo conobbe ai tempi di Ann Arbor disse: “Fece un bel bozzetto di Baba, e più tardi diverse decorazioni per il SYDA. Ma c’era sempre qualcosa di misterioso in lui, qualcosa di pericoloso, persino duplice. Parlava sempre di lealtà, era una parola sacra per lui”. Afif era in contatto con studenti dell’Università del Michigan sebbene i registri della scuola mostravano che non si fosse mai iscritto.

Quasi tutti gli ex seguaci con cui parlai consideravano Afif un uomo da esser temuto, e la persona più potente nell’ashram dopo Gurumayi. L’inverno scorso, partecipai ad una “consulenza di uscita” di un ex seguace del SYDA nel quale il nome di Afif compariva ripetutamente in un contesto di intimidazione e coercizione sessuale. Quando il consulente, Steve Hassan, chiese alla giovane donna se Afif fosse considerato una specie di n° 2 nell’organizzazione, lei rispose: “È di più, una sorta di n° 1,5”. Quando chiesi a Kathy Nash, il portavoce del SYDA, notizie su Afif, mi raccontò che per diversi anni ebbe il lavoro “più visibile” nell’aiutare le persone durante il darshan con Gurumayi, ma che il suo unico ruolo ufficiale nell’organizzazione fu di supervisore ad alcuni progetti di costruzione. Aggiunse: “La posizione del signor Afif percepita dalla gente fu più il risultato del suo carisma e della sua alta visibilità che dell’autorità che rivestiva”. Nel 1983, Afif, che era sposato con una donna che anch’essa viveva nell’ashram, fu accusato di stupro formale e furto con scasso nella contea di Santa Clara in California. Non contestò all’imputazione del reato di stupro formale, e fu condannato a sei mesi di prigione con la condizionale e a tre anni di riabilitazione. Sotto la legge californiana, la condanna fu cancellata dopo che frequentò la riabilitazione in maniera soddisfacente. L’adolescente coinvolta era la figlia di un importante frequentatore del SYDA, che in seguito lasciò l’organizzazione disgustato. Un amico della famiglia della ragazza, William Carter, un noto foto-giornalista e fotografo di belle arti, se ne andò, dicendo a Gurumayi in una lettera che era sgomento del trattamento che l’organizzazione aveva riservato alla famiglia e alla tendenza a far ricorso alla disinformazione in momenti di crisi, e che stava lasciando il SYDA contro la sua volontà.

Negli anni, altri hanno posto questioni sul comportamento sessuale di Afif. Una coppia che nel 1982 chiuse il centro SYDA che conducevano, in seguito scoprirono che Afif aveva una relazione sessuale con la loro figlia adolescente. Una ex seguace australiana con la quale parlai, afferma che Afif ebbe una relazione sessuale con lei nella primavera del 1982, quando aveva tredici anni e teoricamente era sotto la supervisione di un guardiano nell’ashram. La sua esperienza fu simile a quella della donna della quale seguii la “consulenza di uscita”. Afif, la donna australiana disse, si approfittò di lei con falsi pretesti e le intimò il silenzio.

Il SYDA dice, riguardo al caso, che non “condona il comportamento di Afif” e fa notare che egli si trasferì fuori dall’ashram durante il processo. Altri ricordano che durante i mesi antecedenti alla sua apparizione davanti alla corte, egli fu tenuto lontano dalla vista, a casa di alcuni seguaci. Nityananda dice di aver discusso con sua sorella a quel tempo, che secondo lui il SYDA si sarebbe dovuto dissociare da Afif, e crede inoltre che fu da allora che egli divenne un nemico per Afif. Sicuramente Afif giocò un ruolo prominente durante gli eventi accaduti in occasione della rimozione di Nityananda alla carica di guru. Egli fu presente durante la fustigazione, Nityananda dice, ed in seguito lo avvertì che se qualcuno avesse interferito con quello che stava accadendo li, ci sarebbero state terribili conseguenze. Durante quel periodo, diversi testimoni videro Afif portare una pistola.

Nella luce della drastica reazione alla rottura dei voti di celibato di Nityananda, la relazione di Gurumayi con Afif merita un approfondimento. Non molto tempo fa, rintracciai una ex seguace di nome Andrea Skeen, una psichiatra infantile, che nel 1981 e nel 1982 era segretaria personale e confidente di Gurumayi. La Skeen sostiene che Gurumayi e Afif passarono una notte insieme appena prima che lei prese i voti; cosa che successe anche in seguito. Nella prima occasione, a Ganeshpuri, la Skeen dice, che gli fu richiesto di aspettare tutta la notte fuori da un bungalow monolocale nel quale i due stavano. Nella seconda occasione, secondo il suo racconto, lei e Gurumayi condividevano una camera durante un intensivo al Taj Mahal Hotel a Bombay. Gurumayi, dice, uscì dopo che lei si addormentò, andò alla camera di Afif, e non ritornò prima del mattino seguente, quando le confidò dove era stata. La Skeen, che ebbe con Gurumayi diverse conversazioni tempo addietro sulla sua relazione con Afif, era alla conoscenza di lettere private che Afif e Gurumayi si scambiavano, e disse che alla fine le fu richiesto di raccoglierle tutte e di distruggerle.

Se la relazione fu sessuale o no, solo loro possono saperlo, ma fu intima al punto che, tra la fine del 1982 e l’inizio del 1983, i seguaci del SYDA iniziarono a parlarne. Patti Kuboske, una psicologa famigliare che fu seguace per diciotto anni e swami per otto, lavorò vicino a Gurumayi, e le era profondamente devota, mi disse che decise di informarla di cosa si diceva in giro. Kuboske ricorda che quando tirò fuori l’argomento, Gurumayi la fissò per un momento in silenzio quindi disse: “Tu dovresti sapere che non c’è niente che io posso fare che può incrinare quello che sto dando”. Quando chiesi a Kathy Nash se la relazione tra i due fosse personale, ella replicò: “Se per personale tu intendi romantica o sessuale… le insinuazioni sono completamente false, non contengono nemmeno una briciola di verità”. La primavera scorsa, Kathy Nash mi raccontò che Afif stava lavorando ad un progetto di organizzazione di un ashram. Diversi mesi fa, comunque, quando mostrai interesse nell’intervistarlo, fui informata tramite un legale del SYDA che egli “non ha attualmente alcun legame con la fondazione”, quando chiesi il suo numero di telefono, mi dissero che “l’ultima volta che abbiamo sentito George Afif, ci avvisò che stava per partire per un viaggio in estremo oriente, e non abbiamo altre informazioni”. Gli sforzi per trovare Afif si sono rivelati inutili.

Alla fine di marzo 1986, cinque mesi dopo gli accadimenti di Ganeshpuri, una serie di presentazioni di comitati anti Nityananda, presiedute da swami e seguaci del circolo interno, ebbero luogo in alcuni ashram, tra i quali quello di South Fallsburg. Un ex seguace di lungo corso riconduce la sua decisione di lasciare il SYDA al giorno in cui lui e sua moglie assistettero al primo dei comitati di South Fallsburg. Dopo ogni comitato, i seguaci tornavano alle loro camere per discutere quello che avevano sentito, e quando espresse dubbi su quello che era accaduto (egli era sbigottito in particolare da una descrizione orripilante della vita sessuale di Nityananda fatta da uno swami e da un video nel quale parole deliranti o di auto biasimo fatte da Nityananda stesso, furono estrapolate e messe assieme per farlo sembrare vizioso) gli fu rinfacciato di aver “sentimenti negativi”. Egli dice che era quasi una routine per quelli che esprimevano incertezze riguardo l’intero faccenda sulla destituzione di Nityananda, sentirsi dire con preoccupazione: “Abbiamo sentito che hai dei problemi”.

“Era sempre messa nei termini che eri tu ad aver problemi” quell’uomo disse. “Hai capito male era la frase che usavano sempre. Non ci poteva essere niente di sbagliato in quello che stava accadendo. Era sempre: hai una qualche specie di disfunzione mentale”. Un altra ex seguace, un’artista che vive nel Massachusetts, non tornò più al SYDA dopo aver assistito ad uno di quei comitati. Quando fu a casa, scrisse a Gurumayi una lettera nella quale obiettava a quello che aveva sentito e visto. Gurumayi non le rispose mai, ma non molto tempo dopo, sentì che George Afif andava in giro a raccontare che lei faceva uso di cocaina.

Alla fine, Nityananda decise che la sua vocazione fosse, dopo tutto, quella di maestro spirituale. Iniziò a tenere programmi sia in India che all’estero, finanziando i suoi viaggi e le spese tramite donazioni di pochi volenterosi seguaci e grazie agli onorari che chiedeva per i programmi. Nel 1989, riprese i voti di swami sotto la supervisione del Mahamandeshwar, che gli diede la benedizione per continuare il suo lavoro. Egli dice di aver anche ripreso la vita di celibato.

Nella primavera 1988, si trasferì in una piccola casa a Livingston nel New Jersey, che divenne il suo primo centro di residenza, due anni dopo, si trasferì alla casa nelle Catskills Mountains. La casa gli è affittata per un dollaro all’anno da uno dei suoi devoti. La sua vicinanza a South Fallsburg può sembrare sorprendente, ma dopo aver rifiutato per anni l’offerta della casa proprio per questa ragione, Nityananda si convinse che sarebbe stato improbabile che il SYDA l’avesse importunato nel suo stesso “giardino” (infatti, fu importunato solo una volta: il giorno che diede il suo primo programma, circa venti picchettatori stettero fuori, portando cartelli, facendo fotografie, e prendendo nota dei nomi di coloro che vi attendevano). Oggi, Nityananda ha una mailing list di duemila amici e seguaci, molti dei quali prendono parte regolarmente ai suoi programmi. Quelli che seguono i suoi programmi sanno che così facendo non potranno più partecipare al SYDA. Il SYDA crede che Nityananda non abbia mai pubblicamente accettato le conseguenze delle sue trasgressioni del celibato. I seguaci che hanno continuato a sentire forti legami sia per Gurumayi che per Nityananda e che hanno provato a frequentarli entrambi, sono stati espulsi, spesso in una maniera abbastanza intimidatoria dagli ashram del SYDA.

Dal giorno in cui Nityananda ha ripreso i suoi insegnamenti, si è trovato ad affrontare picchettaggi ben organizzati ed aggressivi simili a quello incontrato all’aeroporto JFK sia negli Stati Uniti, che in Europa e in India. Resoconti della stampa locale e dossier della polizia registrano denuncie contro dimostranti troppo entusiasti incontrati nei suoi viaggi. Ho parlato con una dozzina di testimoni che hanno confermato le molestie, compreso la sospensione dei suoi meeting da gruppi di persone che gridavano oscenità, un agguato ad uno dei suoi seguaci, il pedinamento dei suoi devoti, denuncie dei suoi supposti cattivi comportamenti alle autorità sull’immigrazione di due stati e alla polizia di un altro stato, e in una occasione, vicino a Boston, gli fu fatta una minaccia di omicidio.

Uno dei peggiori episodi di questo tipo ebbe luogo ad Ann Arbor, nel Michigan, il 3 e 4 agosto 1989. Il Sunday’s Ann Arbor News lo descrisse come “una protesta contro un leader religioso che iniziò giovedì sera” e “sfociò in violenza venerdì sera”. Mentre Nityananda stava insegnando, il racconto prosegue, uno dei suoi seguaci fu spintonato a terra e calciato fuori dalla casa da quattro dimostranti. I quattro quindi aprirono la porta con un calcio per entrare nella residenza, assaltarono lo swami e un altro seguace, e tirarono bottiglie contenenti materiale puzzolente contro i muri. Un giorno prima, secondo i testimoni, circa una cinquantina di persone dimostrarono sulla strada verso la casa dove erano tenuti i programmi. I dimostranti portavano grossi cartelli con scritte come: “Amiamo Ann Arbor, tieni fuori di qua la tua sudiceria”, o, “da monaco a farabutto”, e ” lo stupro e la bugia sono il tuo gioco, Nityananda non è il tuo nome”. Quella sera, tre uomini interruppero il programma e urlarono: “Hey fantoccio, hey, falso guru!” e “ecco il figlio di puttana!” e quindi se ne andarono, spargendo un olio puzzolente sulle teste di due uomini che stavano alla porta. La sera successiva, furono appostate delle guardie, e nonostante ciò due degli uomini della sera prima, uno di loro vestiva una parrucca, sfondarono la porta. Presero a calci al torace l’autista di Nityananda appena tentò di proteggere il suo capo; una volta dentro gettarono ancora olio puzzolente sul guru e su altri, e diedero un pugno ad un invalido con il bastone che stava cercando di fermarli. Presto, i sostenitori dell’ashram di Ann Arbor distribuirono volantini che riportavano: “Attento!!! L’uomo che stai vedendo è un impostore. Egli ci ha ingannato e ha rovinato le nostre vite”.

Il SYDA ha prontamente affermato che quelli che dimostrano contro Nityananda, lo fanno di loro iniziativa, perché si sentono traditi, e a loro spese. È certamente vero che molti seguaci si sentono e continuano a sentirsi traditi da Nityananda. Ma un ex sostenitore che partecipò alle proteste di Ann Arbor, mi raccontò di averlo fatto su richiesta di George Afif. Gli fu detto che avrebbe dovuto usare la sua automobile e i suoi soldi, suppose che sarebbe stato rimborsato per le spese sostenute, ma non fu così e, aggiunse, quando poi tornò all’ashram a South Fallsburg, Gurumayi gli sorrise e disse: “Olio puzzolente, ah!”. Un altro ex seguace disse che mentre era all’ashram di South Fallsburg fu convocato con altri undici seguaci ad un incontro con uno swami, impiegato dell’ashram, e fu spinto a partecipare agli eventi di Ann Arbor.

Dal luglio del 1986, Gurumayi e Nityananda non si sono più ne visti ne parlati. Pochi mesi fa, quando chiesi a Nityananda quale era, secondo lui, il motivo per cui sua sorella fosse diventata così ostile nei suoi confronti, aspettò un attimo e poi disse: “Io penso che volesse tutto per se, e abbia cercato un modo per avere l’intera organizzazione, i devoti, i soldi, il potere di guru solo per lei, senza dover dividere niente con me. Se in qualche modo ci fossimo potuti parlare, avremmo potuto risolvere il problema, e lei avrebbe potuto ottenere comunque ciò che voleva. Ma penso che la paura che lei aveva ed ancora ha, ed ha la sua gente, è che Baba dandomi il nome che mi diede, loro non possono dire o fare niente affinché ci si scordi di me. E loro non se ne sono ancora dimenticati, perché Muktananda mi diede il nome del suo guru”.

Nityananda afferma che un qualche tipo di riconciliazione famigliare sia ancora possibile. Dopo l’incontro di Ann Arbor scrisse alla sorella una lettera appassionata, pregandola di voler parlare con lui e aiutandolo a porre fine alla violenza. La lettera diceva: “Molti discepoli dello stesso maestro sono diventati guru e sono rimasti amici e vivono in armonia. Perché non possiamo fare lo stesso anche noi?… Spero che tu possa leggere queste righe di persona e che mi faccia sapere di averle effettivamente ricevute. Io prego affinché si possa comunicare presto”. Nityananda firmò la lettera: “Con tutto il mio amore”. Gurumayi non rispose. Invece, Nityananda ricevette una lettera da un consigliere generale del SYDA, Mark Cohen, un avvocato di Austin, nel Texas, che reputava i resoconti di Nityananda delle molestie da parte di persone associate al SYDA “irresponsabili e dalle caratteristiche inappropriate”.

“Un indiano ascolta il suo guru, acconsente con il capo, va a casa e, persino se è una persona profondamente religiosa, ignora il cinquanta per cento di quello che il guru gli ha raccontato, poiché il suo senso del mondo gli dice di farlo” mi disse recentemente un indiano molto esperto della cultura yoga. Ma gli occidentali che si buttano con entusiasmo per la prima volta in una subcultura monastica indiana non trovano sempre facile distinguere ciò che è spirituale da ciò che è indiano, o semplicemente dai capricci del guru.

Un paio di anni fa, in un tentativo di aiutare il SYDA a funzionare più efficientemente e per tirar su il morale, un seguace australiano nonché esperto di sviluppo e organizzazione (organizational-development) apportò uno dei tanti e famosi strumenti di soluzione dei problemi mediante lavoro di gruppo (team-work problem-solving) usati dalle grandi aziende nell’ultimo decennio. Fu chiamato Working Together (lavorare insieme), ma ricordava il programma chiamato Team Data Handling. Secondo diverse persone dell’ambiente di allora, il programma ebbe un buon esito nel dare ai membri dello staff più potere nel processo decisionale giornaliero ma non giovò per la soluzione dei problemi più radicati del SYDA, soprattutto perché, come disse un ex seguace riguardo l’organizzazione, in generale “tante persone sono preoccupate di offendere il guru ed essere privati della loro Shakti”.

È ovvio per chiunque passi molto tempo con i seguaci del SYDA che la gran maggioranza di loro è bel lontana dagli aspetti più nascosti e controversi della storia dell’organizzazione. Cantano, meditano, seguono programmi, fanno volontariato all’ashram, lavorano duro, secondo gli insegnamenti del Siddha Yoga, per andare oltre le loro personali limitazioni verso una qualche esperienza trascendentale. Il regista Andre Gregory mi raccontò di essere profondamente grato a Gurumayi e ai suoi swami per avergli mostrato “una tecnica di preghiera che è nel corpo. Un modo fisico di fare esperienza di Dio”. Michael Karlin, un amministratore del SYDA, socio di una grande società di contabilità di Los Angeles, recentemente è volato a New York per esprimere la preoccupazione della fondazione per questo articolo prima ancora che andasse in stampa. Stava senza dubbio parlando per migliaia di suoi compagni quando disse “la più grande esperienza personale nella mia vita, l’ ho avuta grazie al Siddha Yoga”. Karlin, un uomo attraente con la voce bassa sulla quarantina, parlava con orgoglio della qualità e dell’integrità dei suoi compagni e dell’integrità dell’organizzazione con la quale è stato legato per dodici anni. Comunque, quando la conversazione cadde su Nityananda (che egli non ha mai incontrato), la sua voce divenne carica di rabbia. Richiestogli come mai, dopo quasi dieci anni dalla separazione, i devoti del SYDA ancora perseguitano Nityananda, egli disse: “Queste persone sono state profondamente ferite dalle sue azioni”. Ma anche se si accetta la versione ufficiale del SYDA della sua storia come un racconto di due esseri perfetti la cui tradizione è stata macchiata da un demoniaco trasgressore, ci si meraviglia del perché sia stato messo in conto un così piccolo sforzo per vincere la rabbia contro Nityananda e andare avanti. In altri contesti, questo è quello che i maestri del SYDA insegnano a fare in ogni occasione ai devoti.

Infatti, la mia esperienza con il SYDA ha in un certo qual modo confermato alcune delle cose di cui si lamentavano i seguaci. Sono stata ripetutamente avvisata del danno che avrei causato scrivendo cose negative di un “sentiero puro”; qualche sforzo è stato fatto per discreditarmi di fronte al mio editore; una gran quantità di lettere di accusa arrivarono da un avvocato del SYDA, che mettevano in dubbio, persino prima di aver letto la storia, la mia integrità di giornalista e i fini di questa rivista, e, questa estate il co-presidente e co-fondatore di una famosa agenzia pubblicitaria di Madison Avenue fece visita agli uffici del giornale per esprimere il suo dispiacere e per avvertire che c’erano “molte persone prominenti e potenti che si sarebbero sentite offese da questo articolo”.

La giusta rabbia dei difensori della fede è, naturalmente, un tema familiare nella storia delle religioni, così come le battaglie senza fine su questioni di legittimità quando i leader spirituali carismatici muoiono. Se le tradizioni da cui attinge il SYDA sono antiche, così anche lo è quella specie di risentimento che ha generato. Diversi mesi fa, chiesi al SYDA in una lettera come fosse possibile per un leader così avveduto ed illuminato, come Muktananda, aver fatto un tale errore (dal loro punto di vista) nella scelta del successore. La risposta fu: “Consideri di fare ad un prete cattolico la domanda -se Gesù fu quello che disse di essere, come avrebbe potuto prendere Giuda Iscariota come discepolo?-“. Il SYDA insiste che Gurumayi è l’unica depositaria della saggezza e del potere di Muktananda. Nityananda, scomunicato dall’essere guru del SYDA, rivendica comunque il suo diritto non esclusivo alla successione, e crede che, nonostante le sue trasgressioni di gioventù, quello che gli fu dato non può essere tolto o andare perso. Così nascono gli scismi.

Ma, credere in un maestro perfetto o ad un dogma spirituale incontrovertibile, è sempre carico di pericolo. L’asserzione di Michael Karlin al nostro incontro che “gli insegnamenti del Siddha Yoga non possono essere contestati: la verità è la verità” va al cuore stesso del credere religioso. Se, nei secoli, il desiderio di un mondo in cui, come disse Blake, tutto sarebbe stato percepito come infinito una volta che le porte della percezione fossero purificate ha accresciuto innumerevoli vite, ma ha spesso lasciato dietro di sé, come vittima, un prudente riconoscimento della ordinaria fallibilità umana.

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